Quando si parla del paracadute d’emergenza, spesso trattiamo l’argomento in modo eccessivamente semplificato. Ma quanti piloti hanno davvero una conoscenza approfondita dell’argomento? Quanti la conoscono? Quanti sanno snocciolare a memoria tutti i dati tecnici al pari della propria vela di parapendio? Oppure più semplicemente: quanti percorsi di formazione vengono proposti a riguardo?
È palese che ci troviamo di fronte a una problematica evidentemente sconosciuta ai piu. Lanci delle emergenze ce ne sono relativamente poche, e quelle che avvengono, raramente vengono raccontate, analizzate o condivise con la comunità dei piloti che sono al di fuori della propria cerchia di amici. Così, non sentendone parlare, le poche situazioni di emergenza affogano nel caos e nell'eccitazione delle notizie sulle nuove vele o sellette appena uscite.
Capiterà agli altri, a me questo non potrà mai succedere, io volo meglio, io volo in maniera più sicura, è 20 anni che volo e non ne ho mai dovuto fare uso,…
Come mi piace affermare in queste situazioni: La rarità del problema non ne cancella l’esistenza!
In altre parole nascondere la testa sotto la sabbia è più facile che affrontare le problematiche, le proprie paure, o la propria ignoranza (nel senso che si ignorano i fatti).
L'argomento è indubbiamente vasto e complesso, e pensare di poterlo trattare in modo esaustivo in un breve articolo su una rivista è una sfida che è piuttosto difficile vincere.
Lo scopo di questo articolo non è quello di fare luce su ogni dubbio, non è quello di dare risposte, al contrario, è quello di seminare una serie di dubbi e di incertezze, con l'idea di sensibilizzare te pilota (si proprio te!), in maniera tale che con i tuoi tempi inizi a riflettere su questo tema e che non demandi più a persona terza la responsabilità e le riflessioni su ciò che in caso di necessità può salvarti la vita.
In questo articolo, vorrei analizzare con maggior dettaglio quel dispositivo che pesa tra i 700 grammi e i 2 kg, che portiamo sempre con noi in volo, ma di cui, in realtà, sappiamo pochissimo: il paracadute d’emergenza.
Della nostra fidata vela conosciamo ogni dettaglio: marca, modello, taglia, allungamento, numero di celle, comportamento in volo, prestazioni, pregi e difetti rispetto ad altre vele della stessa o di altre categorie,... invece del nostro paracadute di emergenza, cosa sappiamo realmente?
Spesso l’unica cosa che conosciamo è quanto abbiamo speso per acquistarlo. Forse sappiamo, o crediamo di sapere, quale forma dovrebbe avere una volta aperto: tonda, quadrata, triangolare... E se siamo appassionati di hike & fly, forse abbiamo anche in mente il suo peso.
Trovo che l’aspetto più curioso di tutto ciò riguarda il fatto che nel momento in cui dobbiamo per davvero usare il paracadute di emergenza, le informazioni che ci interessano meno, sono proprio: il prezzo, la forma e il peso.
Improvvisamente, le priorità cambiano. Quello che avrei dovuto conoscere e verificare prima, all’improvviso diventa straordinariamente importante e sostanzialmente sono: il tasso di caduta verticale, stabilità pendolare e l’avanzamento orizzontale.
Una emergenza certificata, riporta nel protocollo di certificazione il valore del tasso di caduta massimo di 5,5 m/sec. Ora, mi azzardo ad avanzare una strana ipotesi, che è la seguente: il pilota medio non sappia cosa significa 5,5 m/sec? A quanti km/h corrispondono, o ancora meglio 5,5 m/sec, a che quota di salto equivalente corrisponde?
Tralasciando i dettagli riservati agli specialisti, semplificando, possiamo dire che una velocità di 5,5 m/sec corrisponde all’incirca ad un salto da un'altezza pari a 1,5 m.
Sembrano banalità ma giusto per saperlo, un impatto ad una velocità a 4,5 m/sec corrisponderebbe ad un salto da un'altezza pari a 1,0 m. Invece un impatto ad una velocità di 6,5 m/sec corrisponde ad un salto da un'altezza equivalente di 2,1 m. Finché si tratta di numeri, la differenza può sembrare minima, ma vi assicuro che tutto cambia nel momento in cui vi trovate a saltare da un tavolo, piuttosto che da un'altezza pari alla sommità di una porta.
Prima di continuare con altri ragionamenti, varrebbe la pena che tu ti soffermi un attimo per capire quale è la tua capacità di assorbire l'energia dell'impatto: vestiti come faresti in volo, mettiti la selletta e... salta! Sì, salta, salta da altezze via via più alte e salta, salta e salta ancora!
Se vuoi simulare la realtà (anche se non lo consiglio), fallo senza materassi protettivi per terra, noterai la differenza, te lo assicuro! E per rendere l'esperienza ancora più reale, ricordati di non saltare “in avanti” ma dovresti saltare “all’indietro”!
All’indietro perché? Se hai guardato qualche video dovrebbe essere piuttosto chiaro, spesso le emergenze dopo il lancio hanno una velocità orizzontale più o meno marcata, si hanno avanzamento (ovviamente non tutte!) e se la tua emergenza ha avanzamento orizzontale, per motivi geometrici ti porta a scendere in posizione di retromarcia. Traducendo, l’emergenza essendo attaccata agli spallacci ti tira in una direzione e la vela essendo attaccata ai moschettoni fa da ancora nell’aria girandoti con le spalle in direzione di avanzamento.
Eh già, la cosa è più critica del previsto, vero? Ed ora è facile immaginare come solo +0,5 m o -0,5 m può cambiare l’energia di impatto…
Teniamo a mente e andiamo avanti…
Grafico 1: Relazione tra tasso di caduta e altezza di salto equivalente
Tabella 1: Relazione tra tasso di caduta in m/s e km/h e l’altezza di salto equivalente in m
Un dettaglio apparentemente banale, ma di fondamentale importanza! Infatti, il tasso di caduta di tutti i paracaduti di emergenza, per ottenere la certificazione, vengono ri-calcolati e riferiti ad una quota di 0 metri sul livello del mare, con una temperatura di 15°C e un'umidità relativa pari a 0%. In altre parole, ad una densità dell'aria pari a 1.225 kg/m³.
Ora non so se a voi sia mai capitato, ma personalmente non è mai capitato di dover pensare al lancio d’emergenza sorvolando il mare d’inverno. Le situazioni critiche, nella quale mi viene in mente di dover lanciare l’emergenza, in genere richiamano un terreno montuoso con quote attorno ai 2000 m o 2500 m. E visto che mi piace volare quando fa caldo, potrei ipotizzare una situazione estiva dove anche a quelle quote, la temperatura si aggira intorno a 20°C / 25°C?
Date queste nuove condizioni al contorno, e ricalcolando il tasso di caduta, il valore magicamente cambia ed una emergenza che a livello del mare scende a 5,5 m/s in estate ed in quota può raggiungere tassi di caduta che vanno fino a 6,5 m/s (e forse oltre?). Ma non è finita qui, perché se l'emergenza iniziasse a pendolare, oppure se dovessi subire l’influenza del vento quel 6,5 m/s potrebbe essere significativamente più alto, scopriamolo…
Tutti ne parlano, tutti riconoscono la sua importanza, ma come mai nelle varie schede tecniche non viene riportato alcun riferimento? Quando parliamo di stabilità pendolare, bisognerebbe valutare 3 condizioni, la prima non centra nulla con la realtà e che è la stabilità pendolare in fase di test, ovvero quando l’emergenza una volta aperta non è collegata ad alcun dispositivo che può influenzare il suo comportamento, come ad esempio il parapendio in posizione più o meno aperta o neutralizzata. Evidentemente in base al protocollo dei test, la presenza o l’assenza di un circa 20 - 32 mq di vela non influenza il comportamento pendolare del paracadute… ok, facciamo finta di crederci(?) ed andiamo avanti.
La seconda situazione importante è la fase che avviene subito dopo all'apertura del paracadute. La pendolata in questa fase è fortemente influenzata dalla configurazione che si crea dopo l'apertura e dipende dalla distanza orizzontale tra il paracadute d'emergenza ed il parapendio. Semplificando, più il parapendio è lontano dall'emergenza, maggiore sarà l'ampiezza della prima pendolata del pilota, che via via tenderà a posizionarsi sotto al paracadute.
Da molte osservazioni e video mi azzardo ad affermare che, più piccolo è il paracadute d'emergenza, più risulterà “nervoso”, con pendolare ampie e un basso tasso di smorzamento. Ripeto, un paracadute piccolo, in base alle mie osservazioni, tenderà a smorzare meno le pendolate. La fase critica riguarda le prime 4-5 pendolate, traduco se il paracadute viene lanciato a bassa quota, rischio di toccare terra prima che il paracadute si sia stabilizzato. Al contrario, un’emergenza più grande tende a essere più stabile e dolce nei movimenti, smorzando maggiormente l'effetto pendolo.
La terza situazione riguarda il comportamento del paracadute perfettamente aperto e la vela completamente neutralizzata. Su questo aspetto, devo ammettere che non ho certezze. Ho visionato video di test comparativi, con la stessa emergenza e la stessa taglia lanciata da piloti diversi, oppure con lo stesso paracadute testato con pesi differenti, e… sono rimasto perplesso.
In questi video, i piloti presentavano assetti di discesa molto diversi: alcuni scendevano in posizione perfettamente verticale, altri con una notevole pendolata, e altri ancora in un assetto di planata, con una velocità orizzontale significativa. Su questo punto preferisco fermarmi qui e chiedere l’aiuto del pubblico... o forse spiegazione ai costruttori!
Considerando, una pendolata di 30° con un tasso di caduta medio di 5,5 m/s questo ci riporta nel caso peggiore (ripeto caso peggiore) nuovamente ad un tasso di caduta di 6,4 m/s. MA se il nostro tasso di caduta medio fosse di 6,5 m/s allora il nostro tasso di caduta nel momento più sfavorevole raggiungerebbe una velocità massima di 7,5 m/s che corrisponde ad un salto da una quota equivalente di 2,9 m. Sicuri di riuscire ad assorbire, senza gravi conseguenze, tutta l’energia in gioco?
L’avanzamento orizzontale di per sé non è un aspetto negativo in assoluto, esso di fatto può assolvere ad un effetto stabilizzante. In generale, un paracadute con avanzamento orizzontale è meno soggetto a oscillazioni pendolari. È come se il paracadute si posizionasse su un lato (della pendolata), scaricando l'aria costantemente dal lato opposto. Non c’è male dirai te, io dico dipende…
Anche qui ha senso parlarne, una volta che prendiamo i numeri alla mano. Dai video-test che circolano in rete, possiamo notare che alcune emergenze, che siano quadrate oppure tonde, possono avere un tasso di avanzamento anche importante. In base ai fumogeni utilizzati in alcuni test specifici, oppure studiando il comportamento della vela che viene trascinata come se fosse uno sfronzolo al vento, possiamo dedurre che alcuni angoli di caduta (o di planata) raggiungono un rapporto di efficienza fino a 1:1. Il fumogeno o la vela traccia una linea di 45° il che significa che se una vela scende a 5,5 m/s avanza anche con una velocità di 5,5 m/s. Impattare a questa velocità contro un ostacolo più o meno duro, come un muro, posto in verticale significa schiantarsi ad una velocità orizzontale di 20 km/h, alla quale ovviamente si aggiungono le varie problematiche della velocità verticale!
Come ormai dovresti aver intuito, la cosa peggiora se il tasso di caduta fosse stato di 6,5 m/s perché anche in tal caso, poiché l’angolo di planata è a 45°, la velocità orizzontale si attesta ovviamente al medesimo valore, che di per sé trattasi di 1 m/s in più ma abbiamo già visto cosa significherebbe se trasformiamo questo valore in quota di salto equivalente.
Avendo visto l’importanza dei numeri, immagino che anche tu inizi ad apprezzarli. Perché come dice Palmiro Cangini: “Fatti e non Pugne..e!”, e visto che stiamo snoccioliamo numeri come se non ci dovesse essere un domani, ecco una serie di ipotesi, comunque sia sempre plausibilissime.
Facciamo ora una ipotesi del lancio dell’emergenza a costone. Quale potrebbe essere la velocità di impatto, se andassimo ad impattare al suolo con una superficie più o meno a 90° rispetto alla traiettoria di planata, tipo un pendio a circa 45°.
In questa ultima ipotesi, avendo una emergenza che scende a 5,5 m/s e che ha un avanzamento orizzontale di 5,5 m/s, si andrebbe ad impattare al suolo ad una velocità di 7,8 m/s, che corrisponde ad un'altezza di salto equivalente di 3,1m.
Ovviamente quest’ultimo valore per quanto pessimo, è sempre meglio del fatto di avere un tasso di caduta di 6,5 m/s, poiché in tal caso la velocità d’impatto teorica risulterebbe essere di 9,2 m/s, che corrisponde ad un'altezza di salto equivalente di 4,3 m.
Vogliamo fare un ipotesi di calcolo del tasso di caduta in presenza di un pò di vento, e quanto vento ci mettiamo 10 km/h? Ok, in tal caso con un tasso medio di caduta di 5,5 m/s a cui sottraiamo 3 m/s di “effetto dinamica da pendio” (che è generoso) ipotizziamo un tasso di caduta finale di 2,5 m/s. A questo punto incrementiamo la velocità orizzontale portandola da 5,5 ovvero 19,8 km/h a 29,8 km/h. L’impatto avverrebbe ad una velocità di 8,6 m/s che corrisponde ad un salto da una quota equivalente di 3,8 m. E bada bene che i calcoli sono stati effettuati ipotizzando che l’emergenza, di base, scende a 5,5 m/s.
Puoi scoprirlo in due modi:
Il primo è quello di fare dei calcoli piuttosto avanzati e complessi. Per semplificare la vita ai temerari che vogliono cimentarsi nei calcoli, ho preparato delle tabelle di calcolo accessibili dal sito www.airdancers.eu (cerca in google). In seguito menu in alto: “Italiano” => “Ricerca”. Il resto dovrebbe essere abbastanza intuitivo, oppure scrivi nella barra degli indirizzi questo link:
https://www.airdancers.eu/it/ricerca/paracadute-demergenza-e-numeri
1) Prendi il tuo peso in volo, e moltiplicalo per un fattore di 1,2, ma se voli in montagna per un fattore di 1,3 ecco che troverai il peso minimo per il quale dovrà essere certificata la tua emergenza. Scegli la taglia certificata per il peso superiore al numero che hai trovato, ma nulla vieta il fatto di prendere anche una taglia più grande!
Esempio: una persona cui peso in volo è di 100 kg, se vola in montagna dovrebbe installare una emergenza certificata per almeno 100*1,3 = 130 kg. Una persona cui peso in volo è di 75 kg, se vola in montagna dovrebbe installare una emergenza certificata per almeno 75*1,3 = 98 kg.
Chiaro perché si moltiplica il peso in volo per 1,3? Volando in montagna, dove l’aria è meno densa, è meglio avere una emergenza più grande, così anche in quota, il tasso di caduta resta su dei valori più o meno accettabili.
2) Ora fai un controllo incrociato, prendi il peso in volo e dividilo per i mq di tessuto dell’emergenza (non proiettata). Il valore dovrebbe essere sotto ai 3 kg/mq.
Se il valore supera i 3 kg/mq potrebbe essere che l’emergenza riesca comunque ad avere dei tassi di caduta verticali buoni, ma mancano dei metri quadri di tessuto rispetto ad altre emergenze concorrenti. Pertanto o questa misteriosa emergenza sottostà a delle leggi fisiche particolari, oppure sfrutta un altro principio per scendere meno. E quale principio conosci anche te che ci fa scendere meno…? Ti dice qualcosa il termine “portanza”... ma come ben sai la portanza si genera soltanto in presenza di avanzamento orizzontale. Ed ecco che questo ci porta verso una problematica che dovrebbe interessarti molto e che abbiamo già trattato in precedenza.
Se entrambe le condizioni sopra elencate risultano soddisfatte, allora probabilmente hai installato una emergenza adeguata a te!
Esploriamo insieme quali informazioni i vari produttori decidono di rivelare sulle loro emergenze. Elencherò una serie di dati che ho trovato su diversi siti e per puro divertimento, mi permetterò di essere volutamente un po' provocatorio.
Superficie tessuto (non proiettata)
Valore utile al controllo incrociato peso in volo diviso superficie non proiettata deve risultare inferiore a 3 kg/mq.
Peso dell’emergenza
Vanity metic, quando lanci l’emergenza è un valore che non interessa. Non so cosa ci faccia nelle prime righe delle varie tabelle. Togliamoli un pò di importanza.
Tasso di caduta al peso massimo certificato
Vanity metric, in aggiunta lo definirei fuorviante! Piuttosto preferirei il valore del tasso di caduta ma a 2500 m con una temperatura di 25°C. Sono disposto a tralasciare il calcolo in base all'umidità relativa, va benissimo considerla allo 0%.
Peso massimo
Vanity metric, abbiamo capito che si tratta di un dato inutile e fuorviante. Sarebbe utile indicalre il peso massimo per un tasso di caduta di 5.5 m/s ma a 2500 m con una temperatura di 25°C.
Volume in cm3 o in litri
Ci può stare, è utile conoscerlo per verificare la compatibilità con le varie sellette.
Velocità di apertura:
La velocità di apertura è una super-vanity-metric. Questo parametro è meno importante di quanto si possa credere. La velocità di apertura è sicuramente importante ma solo se si parla di prodotti che funzionano talmente male, che li classificherei “fuori mercato”. Per il resto, la velocità di apertura non è da trattare come un valore oggettivo, esso dipende fortemente da come ed sotto quale dinamica l’emergenza viene lanciata. Ma ne parleremo in un altro articolo.
A me come utilizzatore finale proprio e anche per poter confrontare i vari prodotti fra di loro, piacerebbe avere i seguenti dati:
1) il valore di Cw
2) l'area proiettata
3) stabilità pendolare
4) velocità orizzontale
Chi ha approfondito un po' l'argomento sa che, anche se i tassi di caduta alle diverse altitudini e temperature non vengono dichiarati, sono comunque calcolabili. Per farlo, bastano due dati: Cw e area proiettata
Avendo questi due dati, il calcolo per capire il tasso di caute in base al peso, alla quota e alla temperatura è super-immediato. D’accordo, potrà esserci una piccola differenza fra il valore teorico e quello reale, ma oltre a considerare trascurabile questa differenza, l’ordine di grandezza è comunque sufficientemente precisa per considerarlo alla pari del tasso di caduta reale.
E’ anche vero che, se questi dati non sono riportati, possiamo dedurrli in base agli altri dati forniti dal costruttore. Avendo però due incognite il calcolo risulta un attimo approssimativo. Con un pò di esperienza nell’interpretare la forma del paracadute, è possibile ottenere una superficie proiettata abbastanza in linea con il valore reale.
In seguito, come logica conseguenza si può risalire al valore Cw ed il gioco è fatto. I tassi di caduta per quanto approssimativi sono sufficientemente affini alla realtà. E’ chiaro che sarebbe meglio avere i dati direttamente dal costruttore, ma in mancanza di migliori informazioni direi che quanto descritto fino a qui è il meglio che possiamo fare.
Come accennato in precedenza, personalmente legherei questo dato in modo indissolubile a un coefficiente di smorzamento. Mi piacerebbe poterti fornire maggiori informazioni al riguardo, ma devo ammettere che le mie conoscenze in questo campo sono limitate. Ho alcune ipotesi su come quantificare questo parametro; tuttavia, trattandosi di pura teoria, preferisco non espormi senza una verifica preliminare ovvero un riscontro concreto nella realtà.
Valutare il tasso di caduta verticale, non conoscendo la velocità orizzontale del paracadute di emergenza, come abbiamo visto sarebbe come dire: considerare soltanto mezza verità.
Inoltre per quello che ho visto, la velocità orizzontale può variare significativamente rispetto alla prova di certificazione (ovvero senza parapendio agganciato). Oltre alla blasonata situazione a specchio dove la vela tira da un lato e l’emergenza tira dall’altra. Il fatto che il parapendio possa fungere da ancora nell’aria, sia con la vela completamente neutralizzata sia con una parte di vela parzialmente aperta che crea una resistenza significativamente maggiore, possiamo fare in modo che il pilota si sposti rispetto alla verticale del paracadute di soccorso. Creando questa asimmetria, rispetto alla posizione di test, può essere che aumenti sia il tasso di caduta verticale, che potrebbe essere compensato grazie all’aumento di portanza, ma in tal caso è ovvio che ci sarà aumento della velocità orizzontale.
Giunto alla fine della stesura di questo articolo, ne esco in parte rincuorato, ed in parte perplesso. Rincuorato perché in qualche maniera il dispositivo, del quale non sappiamo praticamente nulla, tendenzialmente sembra funzionare. Perplesso perché per quanto mi sia impegnato a cercare informazioni, pare che il tema venga trattato in maniera eccessivamente semplificato e basato sulla fiducia, del tipo: “prendi questo o quel prodotto perché funziona, fidati te lo dico io…”
Mi rendo conto, che il pilota medio non ha proprio la possibilità di accedere alle informazioni base per capire se una emergenza è meglio dell’altra, o quanto significative o poco significative siano le differenze. Riflettendo sul fatto, che a volte il paracadute d’emergenza potrebbe essere la nostra ultima chance per portare a casa la pellaccia senza danni eccessivamente gravi, il fatto di dover scegliere una emergenza in base al prezzo, al peso o alla forma personalmente lo trovo piuttosto limitante.
Come al solito il mercato reagisce in base alle azioni degli acquirenti. Pertanto siamo noi come consumatori, che possiamo influenzare quali dati che vengono pubblicati dai vari costruttori e visto che abbiamo questo potere, perché non farne uso?
In sintesi ecco cosa ha senso chiedere prima del prossimo acquisto dell’emergenza:
Tassi di caduta alle diverse quote e diverse temperature
Velocità orizzontale stimata come valore assoluto o rispetto al tasso di caduta
Stabilità pendolare (non ho idea come possano fornirti questo dato)
Come alternativa chiederei:
Superficie proiettata al suolo
Valore Cw
Pur lasciando un grande interrogativo sulla velocità orizzontale e la stabilità pendolare. Tramite questi due dati è comunque possibile calcolare il tasso di caduta in base al peso in volo e alla quota + temperatura caso per caso ipotizzata.
Disclaimer:
Il contenuto qui presentato si basa su osservazioni, calcoli e ipotesi esclusivamente personali. Qualora fossero presenti inesattezze, invito chi possiede una conoscenza più approfondita a contattarmi per suggerire eventuali correzioni, che saranno prontamente inserite in futuri articoli.