Dopo la pubblicazione della mia riflessione sul “circuito di atterraggio ad 8”, che evidentemente ha creato più domande che risposte. In questo articolo cerco di fare una sintesi dei miei pensieri sui vari circuiti di atterraggio.
In italia, ad oggi, vengono insegnati due circuiti per smaltire quota ed impostare l’atterraggio. Il primo, secondo alcuni più facile (anche se per me, come già comunicato nell’altro articolo, questo non è vero!) è il circuito con lo smaltimento ad “8”. Il secondo viene chiamato il circuito a “C”.
Del circuito ad “8” ne abbiamo già parlato, e abbiamo capito che la sua problematica principale è che chiude la finestra di entrata ad altri velivoli. Particolarmente critica è la situazione non tanto per i mezzi volanti che abbiamo visto, quanto per quelli che non abbiamo sul nostro radar mentale. Quindi, per quanto riguarda il circuito ad “8”, anche se dovrebbe far parte del repertorio di ogni pilota, per me questo circuito dovrebbe essere effettuato solamente a scopi didattici o in situazione di estrema emergenza.
Il primo circuito sul quale vorrei portare le mie riflessioni è il circuito a “C”. Circuito conosciutissimo, in parte amato, in parte odiato, ma ciò che nessuno può negare è che sapendolo gestire bene, si ottengono degli indubbi vantaggi.
Di fatto il circuito a “C” funziona sempre, sia in presenza di traffico intenso sia in presenza di vento più o meno forte. Se si sbaglia la quota per partire per il sottovento, è possibile correggere allungando o accorciando il circuito. Stessa cosa è vera se, partendo in sottovento, ci si trova in una situazione di massa d’aria sia a salire, che a scendere.
Nella fase in cui siamo più vicino al terreno, ovvero dopo aver lasciato la “posizione” ed iniziando la fase di sottovento, si continua a cambiare il punto di vista, vedendo colori, ombre ed oggetti in maniera diversa e riuscendo così a vedere in maniera “più” tridimensionale la zona di atterraggio. Questo è particolarmente utile nei fuoricampo non conosciuti, dove potrebbero esserci degli ostacoli poco visibili come dei cavi o del terreno più o meno sconnesso o con avvallamenti.
Di fatto il circuito a “C” funziona nel 90% dei casi. Si, è vero, bisogna esercitarsi un pochino, bisogna farsi l'occhio sul circuito ed imparare a gestire il fattore vento, ma di fatto il circuito a “C” funziona anche in presenza di vento fino ad un'intensità “moderata”. Anzi più vento c’è più sarà divertente la gestione del circuito, poiché sulla linea di sottovento si viaggia come un missile, per anticipare (a causa dello scarroccio) la linea di base ed essere frenati dal controvento sul finale.
A questo punto ci possiamo aggiungere anche l'uso dei freni, la cui escursione massima sul circuito di atterraggio, per le vele scuola è: impugnando il freno alla base (quindi senza mezzo giro), è possibile frenare fino alla parte superiore dei moschettoni. Attenzione(!), lavorando con la vela frenata, le correzioni della direzione vanno fatte rilasciando uno dei freni e non trazionando ulteriormente il comando già trazionato. Usare in fase di atterraggio i comandi in maniera sapiente, per qualche pilota sarà un'esperienza rivoluzionaria. Più vento c’è più si noteranno gli effetti benéfici dell’uso dei comandi. Disclaimer: Se avete dei dubbi, per imparare ad usare correttamente i freni in fase di atterraggio, per i primi circuiti potreste valutare il fatto di farvi assistere da un istruttore!
E quando c’è troppo vento? A quel punto ovviamente si passa ad un altro circuito, il cosiddetto “circuito del vento forte”. Eh già, lo so! Il nome non è un granchè, se qualcuno ha nome migliore da proporre, me lo suggerisca tramite la redazione.
Restiamo per ora sul circuito a “C” standard: come impostarlo?
In ogni atterraggio ufficiale, dovrebbe esserci una bacheca, dove viene descritto come effettuare lo smaltimento e il circuito di atterraggio. Se questa non è presente o atterrando in fuoricampo, il circuito va effettuato sinistrorso (circuito sinistro). In aggiunta distinguerei gli atterraggi in 2 tipi: quelli grandi e quelli piccoli. Al pilota esperto sembra evidente la distinzione, ma avendo un pò di esperienza con allievi e post-brevettati, mi sento di affermare che per i neofiti, distinguerli non è così facile. Se potessimo definire in metri la misura minima per uno grande o quella massima per uno piccolo, potremmo dire: dipende.
Dipende dalla capacità del pilota, dall’abitudine, dalle condizioni aerologiche, ed ovviamente anche dal vento, quindi demando a voi la valutazione. Ma(!), semplificando possiamo dire che se un atterraggio non vi sembra grande, allora rientra nella categoria piccola. E sempre per semplificare, non esiste la mezza misura!
La difficoltà maggiore quando si atterra in un atterraggio grande, è che piloti poco allenati si “perdono”. In questo senso avere qualche oggetto delle dimensioni conosciute nei paraggi aiuta a percepire l’altezza e la distanza.
Essendo un atterraggio grande, sicuro, se si dovesse atterrare anche lontani dal punto previsto, grossi problemi non ce ne sono.
Comunque ecco alcune regole per migliorare il proprio atterraggio.
1) Definire il punto di contatto ideale (con il terreno).
Questo punto è fondamentale, poiché partendo da questo punto si ricalcola tutto alla rovescia. Il punto di contatto ideale dovrebbe trovarsi nel secondo quarto dell’atterraggio (lato sopravento). Per quanto riguarda la posizione laterale del punto di contatto, esso dovrebbe trovarsi il più laterale possibile mantenendo comunque un margine di sicurezza. Lo scopo è di non appropriarsi di “tutto” l’atterraggio e lasciare spazio anche ad altri possibili piloti, di usufruire dello spazio eccedente, per atterrare. La posizione di smaltimento quota, la consiglio un pò in sottovento rispetto al punto ideale di contatto, di circa 40-80m. Questo ci permette di allungare la fase di sottovento. Continuando a guardare il “punto di contatto ideale” ed visualizzando di continuo il circuito pensato, si riesce a capire se ci si trova ad una quota superiore o inferiore rispetto a quella desiderata, potendo così allungare o accorciare il circuito. Dopo aver smaltito la quota eccedente in “posizione”, a prescindere che le virate siano state fatte con dei dei cerchi larghi (linea blu) oppure più stretti (linea arancio) si cerca di posizionarsi ad una distanza laterale di 40m dal campo, in maniera tale da poter in ogni momento passare alla “base”. Questo si rivela utile nel caso dovessimo accorgerci di essere bassi (linea viola). Ultima cosa, visto che abbiamo parlato del “punto di contatto ideale”, è importante che a 10m di quota, si vada a togliere lo sguardo dal punto di contatto IDEALE, esso va ora diretto in lontananza, per gestire meglio il percorso restante fino al punto di contatto REALE.
L’atterraggio piccolo presenta una serie di problematiche che l'atterraggio grande di per sé non ha, e sono particolarmente evidenti se l’atterraggio è contornato da ostacoli, ovvero: non si può sbagliare! Un atterraggio piccolo si presenta ancora più ostico, se il vento è più o meno rafficato e/o se c’è la presenza di bolle termiche o di discendenze non previste.
Anche in un atterraggio piccolo, le regole per impostare il circuito di atterraggio sono altrettanto semplici.
Zona di smaltimento quota: partendo dal fine del campo in sopravento, allungo le linee della testata di campo e quella laterale, queste proiezioni vanno a definire la zona della “posizione”. Dopo aver raggiunto (perso) la giusta quota in “posizione” si parte per il sottovento. Dopo aver lasciato la “posizione” ci si porta subito “vicino” al campo di atterraggio. Il “vicino” viene definito in base alla quota e va calcolata così: non importa quanto importante sarà un possibile “buco” che si prenderà (discendenza), bisogna stare ad una distanza che permetta con una virata di 90° di portarsi in campo di atterraggio.
In sintesi, sia il sottovento che la base va volata sempre “vicino” all’atterraggio e se possibile si cerca di atterrare nella prima metà del campo.
Negli atterraggi piccoli, l'uso consapevole e corretto dei freni per variare il tasso di caduta risulta essere ancora più importante rispetto all’atterraggio in un campo di atterraggio grande!
Immagino che non serva informare il lettore, che quanto riporto non è farina del mio sacco. Quanto riporto è una traslitterazione di quanto imparato nel periodo di formazione presso il DHV, alcune scuole tedesche e quelle affiliate all’ÖAeC (Austria).
Scopriamo il circuito del vento forte. Esso si caratterizza in primis per la presenza di un vento talmente forte che effettuando una virata di 360°, lo scarroccio sarebbe talmente importante che risulterebbe improponibile pensare di mettersi il vento alle spalle.
In una situazione simile la posizione va volata all’altezza del punto ideale di contatto al terreno, ma traslata lateralmente rispetto all’asse del campo. Più vento c’è più la “posizione” va volata verso la testata del campo, generalmente possiamo dire che in presenza di vento forte, la “posizione” si trova da metà campo in avanti e generalmente si trova all’esterno del campo di atterraggio.
In posizione, anziché delle virate di 360° si procede ad effettuare degli 8 di smaltimento e quando si avrà raggiunta la quota ideale, soltanto allora si entra in campo e si occupa la finestra riservata a chi si trova in finale.
Va da sé che più vento c’è, più si dovrà stare vicino al campo, in quanto si è “piantati” controvento, e non sarà necessario effettuare virate a “8”, ma più semplicemente avvicinandosi al campo, si effettuano delle “S” sfruttando l’effetto del controvento. Come regola di base ricordiamo, che tramite l’uso dei freni possiamo togliere velocità alla vela e quindi possiamo sfruttare anche questo fattore per regolare l’avanzamento sul campo.
La “base” va effettuata mantenendo le bocche della vela controvento, evitando così uno scarroccio che ci porterebbe verso il sottovento del campo di atterraggio. lo stallo finale si trasforma in una leggera frenata, ed una volta appoggiati i piedi a terra, le mani vanno alzate completamente, per poi abbattere la vela con decisione solamente dopo essersi girati spalle al vento.
Nel caso in cui il vento fosse meno intenso e questo permettesse un avanzamento sul finale, allora la base va volata in maniera tale da farsi scarrocciare leggermente in sottovento rispetto al punto di contatto ideale. Ricordando che in presenza di vento da moderato in su, il problema non riguarda il fatto di essere troppo avanti sul campo, quando il fatto di trovarsi troppo verso il sottovento del campo e non riuscire più ad avanzare.
Il campione non diventa campione a caso. In genere esso diventa campione perché si allena più degli altri ed in maniera molto mirata. Il campione ha bene in mente l’obiettivo da raggiungere e usa dei parametri per capire come è posizionato rispetto ad essi. Allenarsi, allenarsi, allenarsi è la differenza che c’è, fra un pilotino ed un pilotone, e questo è valido per ogni fase del volo, quindi anche per l’atterraggio. D’ora in avanti, non sprecare più un singolo volo per allenarti e migliorare il tuo atterraggio. Puoi iniziare nel darti degli obiettivi per ogni singolo atterraggio ed in seguito fare un debriefing, su cosa ha funzionato bene e cosa è migliorabile (proprio come, spero, tu lo stia già facendo per i voli!).
Piuttosto di atterrare e: “dai, anche oggi sono atterrato in piedi”, iniziare a considerare l’atterraggio come un obiettivo di allenamento della giornata. Alla pari del fatto di fare un decollo da maestro, o un volo da campione, anche atterrare come un’aquila può essere un arte, che col tempo, alcuni piloti potrebbero invidiarti!
Giunti ormai a fine articolo, per puro divertimento ma forse non solo, vorrei salutarti lasciandoti immaginare cosa potrebbe essere per te il prossimo atterraggio:
Con il sole che dipinge il cielo con sfumature di rosso e oro, dopo ore di avventura nel cielo vasto e libero, arriva il momento di concludere il viaggio con un trionfo di grandezza. Non accontentarti di atterrare, ma abbraccia l'opportunità di rendere l'ultimo capitolo di questo viaggio un'epica celebrazione del tuo talento e delle tue capacità. Concentra la tua mente, allinea ogni movimento e preparati a compiere il miglior Atterraggio della tua vita. Che sia una performance solenne o un'audace dimostrazione delle tue abilità, lascia che il mondo sappia che non hai solo volato, ma hai dominato i cieli con grazia e stile. Che questo sia solo l'inizio di molte altre avventure, dove ogni atterraggio sarà un'opportunità per lasciare un'impronta indelebile nei cuori e nelle menti di coloro che hanno avuto la fortuna ed il privilegio di osservare gli ultimi metri di planata del tuo volo!
Buoni Atterraggi a tutti!
NOTE:
Sul circuito di atterraggio, usare la giusta quantità di freno per gestire in maniera ottimale l’angolo di planata è importantissimo. Usarne troppo significa esporsi a rischio negativo/stallo che a bassa quota può essere fatale. La gestione della virata con il rilascio del comando, per alcuni piloti può risultare controintuitiva. Per evitare di commettere errori da allievo alle prime armi, può essere utile farsi seguire nei primi circuiti da un istruttore.