In questo articolo vorrei riportare la tematica di una riflessione fatta molto molto tempo fa. La questione riguarda una domanda cruciale:
Il circuito di atterraggio ad “8”, per come lo conosciamo in Italia, va bene o contiene degli errori, quindi è perfezionabile?
Questo dubbio mi assale da quando, sul finale di una gara del triveneto, ho visto una flotta di piloti tutti bassi tutti attaccati, tutti con l’intento di atterrare a presso l’atterraggio ufficiale. Tutti che hanno scelto di atterrare col famosissimo circuito con smaltimento ad “8”. Nel pieno rispetto degli altri compagni d'avventura, ognuno focalizzato a seguire la traiettoria che gli permettesse di atterrare lì dove la birra scorre a fiumi.
Ad un osservatore esterno, questo finale di volo, poteva leggerlo come un precisissimo circuito fatto “a ca-o” (=>caso è la parola!). In quell’occasione, il mancato incidente lo attribuisco alla nostra innata italianità: “alla fine ce la caviamo sempre!!!” Ovviamente nel raccontare i ricordi ovviamente ho esagerato un pochino (ma forse nemmeno troppo), l’intento è quello di permettere al lettore di capire cosa ha stimolato la mia riflessione…
Ma se il circuito ad “8” pare così pericoloso perchè lo impariamo nelle scuole di volo, e soprattutto perché lo pratichiamo in volo?
Dando uno sguardo oltre confine, …si, il solito confine, anzi i due confini. Ovvero dando uno sguardo alla didattica del DHV, “loro” non lo insegnano, non lo chiamano nemmeno circuito a “8”, loro lo chiamano “circuito del vento forte”. La “posizione” di smaltimento quota, sia con il circuito a “C” sia con il sistema ad “8” è lo stesso, ed in entrambi i casi è posizionato in una zona, che non chiude la finestra d’entrata ad altri velivoli.
Ora non avendo interesse a fare polemica, non volendo nemmeno fare didattica, porto la questione come riflessione…
Riflessione:
Il circuito ad “8” per come lo conosciamo in Italia potrebbe contenere errori esecutivi ed un errore concettuale?
Da quello che apprendiamo dai libri “accademici”, riducendo le varie possibilità ad una soluzione unica, ovvero prendiamo il caso di un circuito in assenza di vento. La “posizione” per lo smaltimento ad otto, si trova in sottovento al campo. Quando si è alti l’otto va effettuato con delle virate ampie e in posizione arretrata rispetto alle ultime virate prima del finale. Mano a mano che ci abbassiamo di quota, ci avviciniamo al campo di atterraggio e gli “8” si fanno sempre più compressi.
Due sono le problematiche che ho identificato in questo circuito:
1) Quando si è alti le virate sono grandi e facili. Mano a mano che si scende di quota, le virate diventano più piccole. In aggiunta ci si sposta verso zone aerologiche non esplorate in precedenza, ovvero si avanza verso il campo di atterraggio.
Ovvio per il pilota esperto nessun problema, ma per chi ha poco esercizio, oppure per i piloti della domenica, che atterrano in atterraggi più o meno facili, nelle ultime virate evidentemente o la vicinanza del terreno, devono cambiare lo stato d’animo. Le braccia diventano nervose, il pilotaggio spigoloso, scoordinato o comunque la vela subisce dei rolli che nelle virate precedenti non erano presenti. Il finale spesso viene impostato con qualche pendolata residua più o meno accentuata. Che include il fatto che prima o poi anche la pendolata verso il basso, quindi una accelerazione verso il terreno, che se effettuato a quota troppo bassa, si traduce nella possibilità di impattare anche pesantemente contro il terreno.
2) Il secondo problema, del cambio di posizione e la modifica dell’ampiezza dell “8”, riguarda la comunicazione verso gli altri piloti. Nello specifico non si segnala in maniera inequivocabile il proprio intento. Sì, è vero, il pilota che segue ha la possibilità di capire sommariamente quale zona il pilota davanti a lui intenderà occupare. Però la cosa è e resta piuttosto nebulosa.
Possibile soluzione: il mio punto di vista!
Per risolvere a questo errore esecutivo la soluzione sembra facile, dal momento in cui decido di smaltire quota, mi metto in “posizione”. Potremmo metterci in leggerissimo sottovento al campo. La posizione è fissa e l’ampiezza degli “8” va volata sempre uguale, dal primo all’ultimo! E va da sé che il primo va volato come l’ultimo, e non viceversa.
I benefici sono duplici:
a) Segnalare agli altri piloti qual è la mia esatta posizione ed ampiezza, ovvero quella porzione di cielo che intendo occupare.
b) Mi abituo in quota, a volare quello che per me saranno le ultime virate a bassa quota. A prescindere che ci sia vento sostenuto o quasi nullo, inizio già in quota ad allenarmi nel circuito e posso capire quanto piccole riesco fare le virate e come gestire o meglio evitare eventuali rolli/beccheggi della vela.
Passiamo ora all’errore concettuale:
In aviazione non esiste mezzo volante, che per smaltire quota chiude la finestra d’entrata in atterraggio ad altri possibili mezzi che vogliono o necessitano di atterrare. Purtroppo, per come la vedo io, lo smaltimento ad “8” fa esattamente questo, chiude la finestra d’entrata ad altri velivoli! Il problema non riguarda i velivoli visti, ma quelli non visti, quelli che non abbiamo sul nostro radar mentale.
Facciamo un esempio in cui ci sei anche tu: In atterraggio assieme a te ci sono una ventina di parapendi che stanno smaltendo quota, (esempio assimilabile a quello che ho raccontato in apertura dell’articolo). Alcuni piloti sono sopra di te, altri sotto ed in mezzo un bellissimo deltaplano senza torre che si trova alla tua stessa quota… fin qui tutto bene, ora arriva la domanda cruciale: Sicuro di avere bene in mente, la posizione ed il probabile/possibile circuito degli altri 3 deltaplani presenti? Già, perché come detto, il problema non riguarda i velivoli visti, ma quelli non visti.
Alcuni potrebbero rispondere che lo smaltimento ad “8” lo facciamo soltanto quando siamo soli e non c’è traffico in atterraggio.
Sarò un caso raro, ma vista l'obiezione vi racconto quanto vissuto in prima persona: Dopo un cross di qualche ora, stavo bucando in una delle tante vallate alpine. Sotto un atterraggio stretto e lungo. Brezza di valle classica e fin qui nulla di strano. Mentre perdo quota, faccio quello che più o meno fanno tutti quando bucano: guardo in giro alla ricerca di qualche segnale per tirarmi su. Ovviamente oltre a cercare dei segnali a terra, cerco anche dei segnali per aria. La zona non era molto frequentata, anzi dal decollo fino a lì, ho scorto solamente un parapendio in lontananza. Quindi ero solo, e dico solo, solo, solo…
Sconcertato mi porto verso la posizione di smaltimento quota quando, zzzzummffff sotto di me un’ala rigida sfreccia veloce a favore di vento, vira, effettua il finale e atterra.
“Wow” penso, mi guardo intorno e mi domando “non è che da qualche parte c’è un altro “profilo sottile”, che vorrebbe atterrare e che non ho visto?” mi sembra che ho già menzionato il problema… il problema non riguarda i velivoli visti, ma quelli che non abbiamo sul radar.
Possibile soluzione: il mio punto di vista!
Partendo dal presupposto che lo smaltimento ad otto, per come lo conosciamo in italia, è un circuito di atterraggio che deve far parte del repertorio di ogni pilota. Pertanto nelle scuole va insegnato ed ogni pilota periodicamente dovrebbe allenarsi nel eseguirlo, MA per come la vedo io il circuito a “8” salvo scopi formativi o di allenamento, esso non andrebbe mai eseguito né in atterraggi affollati, ne in atterraggi deserti!
Quindi avendo lo smaltimento ad “8” quel piccolo difetto di chiudere la finestra d’entrata ad altri velivoli, è un circuito da evitare e andrebbe utilizzato soltanto come soluzione di emergenza.
In presenza o in assenza di traffico l’unico circuito valido è il circuito a “C” ed i suoi derivati (allungare o accorciare il percorso per questione di quote)!
Per chi ritiene, che il circuito ad “8” sia un circuito di atterraggio più semplice/facile/intuitiva, controbatto affermando che l’atterraggio con il circuito a “C” per loro è più difficile perché:
non c’è sufficiente conoscenza nella gestione del circuito a “C”,
non c’è sufficiente esercizio o più semplicemente
non c’è sufficiente abitudine nel eseguire il circuito a “C”.
l’ultima opzione è particolarmente vera per i Para-sauri, che da “sempre” sono stati abituati al circuito a “8”. Che nella loro vita di volo, fino a qualche anno fa: “il circuito a “C” lo si fà, quando c’è traffico in atterraggio.”
Avanzando un'ipotesi su quale dei due circuiti “a 8” o “a C”, sia più facile, non avrei dubbi nell’affermare che: il circuito più facile è quello nel quale ci siamo allenati di più!
Come esempio cito la preferenza di vari allievi, che negli anni hanno atterrato in atterraggi per loro "nuovi" e anche con vento moderato, hanno preferito atterrare con il circuito a “C” anziché ad “8”. Quanto ho chiesto il perché di questa loro scelta, mi hanno risposto: "perché è più facile”.
Chiudo facendo una riflessione sui miei ultimi fuori campo fatti sia in mono- che in biposto. Ad oggi posso affermare che essendo abituato ad atterrare utilizzando il sistema di smaltimento con il circuito a “C”, se il prato dell’atterraggio non lo conoscevo, con o senza vento, ho sempre preferito atterrare con un circuito a “C” che a mio avviso ha degli indubbi vantaggi! Ma di questo scriverò, forse, in un prossimo articolo.
Buoni voli a tutti!
Da quello che apprendiamo dai libri “accademici”, riducendo le varie possibilità ad una soluzione unica, ovvero prendiamo il caso di un circuito in assenza di vento. La “posizione” per lo smaltimento ad otto, si trova in sottovento al campo. Quando si è alti l’otto va effettuato con delle virate ampie e in posizione arretrata rispetto alle ultime virate prima del finale. Mano a mano che ci abbassiamo di quota, ci avviciniamo al campo di atterraggio e gli “8” si fanno sempre più compressi.
Due sono le problematiche che ho identificato in questo circuito:
1) Quando si è alti le virate sono grandi e facili. Mano a mano che si scende di quota, le virate diventano più piccole. In aggiunta ci si sposta verso zone aerologiche non esplorate in precedenza, ovvero si avanza verso il campo di atterraggio.
Ovvio per il pilota esperto nessun problema, ma per chi ha poco esercizio, oppure per i piloti della domenica, che atterrano in atterraggi più o meno facili, nelle ultime virate evidentemente o la vicinanza del terreno, devono cambiare lo stato d’animo. Le braccia diventano nervose, il pilotaggio spigoloso, scoordinato o comunque la vela subisce dei rolli che nelle virate precedenti non erano presenti. Il finale spesso viene impostato con qualche pendolata residua più o meno accentuata. Che include il fatto che prima o poi anche la pendolata verso il basso, quindi una accelerazione verso il terreno, che se effettuato a quota troppo bassa, si traduce nella possibilità di impattare anche pesantemente contro il terreno.
2) Il secondo problema, del cambio di posizione e la modifica dell’ampiezza dell “8”, riguarda la comunicazione verso gli altri piloti. Nello specifico non si segnala in maniera inequivocabile il proprio intento. Sì, è vero, il pilota che segue ha la possibilità di capire sommariamente quale zona il pilota davanti a lui intenderà occupare. Però la cosa è e resta piuttosto nebulosa.
Per risolvere a questo errore esecutivo la soluzione sembra facile, dal momento in cui decido di smaltire quota, mi metto in “posizione”. Potremmo metterci in leggerissimo sottovento al campo. La posizione è fissa e l’ampiezza degli “8” va volata sempre uguale, dal primo all’ultimo! E va da sé che il primo va volato come l’ultimo, e non viceversa.
I benefici sono duplici:
a) Segnalare agli altri piloti qual è la mia esatta posizione ed ampiezza, ovvero quella porzione di cielo che intendo occupare.
b) Mi abituo in quota, a volare quello che per me saranno le ultime virate a bassa quota. A prescindere che ci sia vento sostenuto o quasi nullo, inizio già in quota ad allenarmi nel circuito e posso capire quanto piccole riesco fare le virate e come gestire o meglio evitare eventuali rolli/beccheggi della vela.
In arancio il percorso "classico", in blu il percorso suggerito da me
In aviazione non esiste mezzo volante, che per smaltire quota chiude la finestra d’entrata in atterraggio ad altri possibili mezzi che vogliono o necessitano di atterrare. Purtroppo, per come la vedo io, lo smaltimento ad “8” fa esattamente questo, chiude la finestra d’entrata ad altri velivoli! Il problema non riguarda i velivoli visti, ma quelli non visti, quelli che non abbiamo sul nostro radar mentale.
Facciamo un esempio in cui ci sei anche tu: In atterraggio assieme a te ci sono una ventina di parapendi che stanno smaltendo quota, (esempio assimilabile a quello che ho raccontato in apertura dell’articolo). Alcuni piloti sono sopra di te, altri sotto ed in mezzo un bellissimo deltaplano senza torre che si trova alla tua stessa quota… fin qui tutto bene, ora arriva la domanda cruciale: Sicuro di avere bene in mente, la posizione ed il probabile/possibile circuito degli altri 3 deltaplani presenti? Già, perché come detto, il problema non riguarda i velivoli visti, ma quelli non visti.
Alcuni potrebbero rispondere che lo smaltimento ad “8” lo facciamo soltanto quando siamo soli e non c’è traffico in atterraggio.
Sarò un caso raro, ma vista l'obiezione vi racconto quanto vissuto in prima persona: Dopo un cross di qualche ora, stavo bucando in una delle tante vallate alpine. Sotto un atterraggio stretto e lungo. Brezza di valle classica e fin qui nulla di strano. Mentre perdo quota, faccio quello che più o meno fanno tutti quando bucano: guardo in giro alla ricerca di qualche segnale per tirarmi su. Ovviamente oltre a cercare dei segnali a terra, cerco anche dei segnali per aria. La zona non era molto frequentata, anzi dal decollo fino a lì, ho scorto solamente un parapendio in lontananza. Quindi ero solo, e dico solo, solo, solo…
Sconcertato mi porto verso la posizione di smaltimento quota quando, zzzzummffff sotto di me un’ala rigida sfreccia veloce a favore di vento, vira, effettua il finale e atterra.
“Wow” penso, mi guardo intorno e mi domando “non è che da qualche parte c’è un altro “profilo sottile”, che vorrebbe atterrare e che non ho visto?” mi sembra che ho già menzionato il problema… il problema non riguarda i velivoli visti, ma quelli che non abbiamo sul radar.
Partendo dal presupposto che lo smaltimento ad otto, per come lo conosciamo in italia, è un circuito di atterraggio che deve far parte del repertorio di ogni pilota. Pertanto nelle scuole va insegnato ed ogni pilota periodicamente dovrebbe allenarsi nel eseguirlo, MA per come la vedo io il circuito a “8” salvo scopi formativi o di allenamento, esso non andrebbe mai eseguito né in atterraggi affollati, ne in atterraggi deserti!
Quindi avendo lo smaltimento ad “8” quel piccolo difetto di chiudere la finestra d’entrata ad altri velivoli, è un circuito da evitare e andrebbe utilizzato soltanto come soluzione di emergenza.
In presenza o in assenza di traffico l’unico circuito valido è il circuito a “C” ed i suoi derivati (allungare o accorciare il percorso per questione di quote)!
Per chi ritiene, che il circuito ad “8” sia un circuito di atterraggio più semplice/facile/intuitiva, controbatto affermando che l’atterraggio con il circuito a “C” per loro è più difficile perché:
non c’è sufficiente conoscenza nella gestione del circuito a “C”,
non c’è sufficiente esercizio o più semplicemente
non c’è sufficiente abitudine nel eseguire il circuito a “C”.
l’ultima opzione è particolarmente vera per i Para-sauri, che da “sempre” sono stati abituati al circuito a “8”. Che nella loro vita di volo, fino a qualche anno fa: “il circuito a “C” lo si fà, quando c’è traffico in atterraggio.”
Avanzando un'ipotesi su quale dei due circuiti “a 8” o “a C”, sia più facile, non avrei dubbi nell’affermare che: il circuito più facile è quello nel quale ci siamo allenati di più!
Come esempio cito la preferenza di vari allievi, che negli anni hanno atterrato in atterraggi per loro "nuovi" e anche con vento moderato, hanno preferito atterrare con il circuito a “C” anziché ad “8”. Quanto ho chiesto il perché di questa loro scelta, mi hanno risposto: "perché è più facile”.
Chiudo facendo una riflessione sui miei ultimi fuori campo fatti sia in mono- che in biposto. Ad oggi posso affermare che essendo abituato ad atterrare utilizzando il sistema di smaltimento con il circuito a “C”, se il prato dell’atterraggio non lo conoscevo, con o senza vento, ho sempre preferito atterrare con un circuito a “C” che a mio avviso ha degli indubbi vantaggi! Ma di questo scriverò, forse, in un prossimo articolo.
Buoni voli a tutti!